Vantaggi nell’uso di un piano generale di trattamento per l’intervento terapeutico. Come impostarlo.
All’inizio di ogni nuovo percorso di psicoterapia discuto con il cliente i punti principali su cui basare il nostro lavoro. Ritengo che un trattamento non pianificato comporti il rischio di prendere qualsiasi cosa venga ad esplicitarsi nell’arco delle sedute come obiettivo di lavoro, con la conseguenza di non avere direzione all’interno del percorso, proprio perché non si è deciso prima quale sarebbe dovuto essere il risultato atteso dall’esperienza terapeutica.
Trovo molto utile il modello di Makover (1996) che definisce il piano di trattamento come un’”accordo consensuale” tra terapeuta e cliente; un vero e proprio compromesso tra ciò che il primo può offrire nell’accogliere una richiesta di aiuto e ciò che il secondo si aspetta di ottenere al termine di un percorso terapeutico.
Nel definire un piano di trattamento una delle prime cose che tengo in considerazione è la motivazione del cliente e soprattutto le sue aspettative; difatti a volte le aspettative possono essere irrealistiche o la motivazione carente (come nel caso di invii da parte di enti terzi), di conseguenza è utile confrontarsi su cosa possa offrire in concreto un percorso di psicoterapia e quindi stabilire insieme al cliente un obiettivo raggiungibile.
A tal fine trovo molto utile la programmazione dell’intervento attraverso la specificazione di mete e passi intermedi necessari al raggiungimento dell’obiettivo individuato, che permette al terapeuta di monitorare costantemente i progressi fatti dal cliente attraverso il confronto tra ciò che viene da questi riferito e ciò che è stato concordato durante la pianificazione. È importante, anche, considerare il piano di trattamento come uno strumento flessibile, così che il terapeuta abbia la possibilità di modificarlo nei suoi diversi punti (ad esempio mete, strategie, tecniche), in relazione a ciò che il cliente riferisce rispetto all’esperienza maturata e ai progressi ottenuti. Quindi, più è chiara e concreta la definizione dei bisogni e delle aspettative del cliente rispetto alla terapia, tanto più efficace risulterà il piano di trattamento.
Nella pianificazione del trattamento di un cliente, collego i dati emersi nella storia personale, nell’osservazione clinica e nell’eventuale analisi dei risultati dei test (se ritenuta utile la somministrazione), ad un quadro di riferimento teorico-clinico, giungendo alla diagnosi. L’elaborazione della diagnosi mi aiuta ad organizzare un quadro clinico della persona che mi permette di fare previsioni sul suo comportamento futuro e sul corso del trattamento, oltre che aiutarmi nell’individuare strategie di intervento efficaci e adeguate. Mi pongo parecchie domande rispetto l’andamento della terapia, mi chiedo quali cambiamenti in positivo può acquisire il cliente e se alla fine della trattamento potrà raggiungere la migliore soluzione possibile. Considerando che la mia esperienza di lavoro è soprattutto legata alla terapia breve, considero la pianificazione del trattamento ancor più importante in quanto favorisce una gestione del tempo più efficace, delimitando obiettivi, metodi di intervento e aree di discussione, in relazione al numero di incontri previsti.
Quindi una volta concordato il contratto di lavoro con il cliente ed aver stabilito quali approcci specifici (strategie) mettere in atto per risolvere il problema e raggiungere lo scopo, pianifico i miei interventi tenendo conto delle quattro fasi strategiche di Alleanza, Decontaminazione, Deconfusione e Riapprendimento (Novellino 1998). Attraverso lo schema di riferimento elaborato, posso così tracciare una linea guida per il trattamento, che mi consente di avere una visione globale rispetto a obiettivi, strategie e tecniche da utilizzare nell’evolversi del lavoro terapeutico.
Infine, nella fase di conclusione della terapia, gli elementi cui presto particolarmente attenzione riguardano i progressi fatti dal cliente, confrontando ciò che egli riferisce con i risultati attesi.
Un altro strumento utile, che mi consente di verificare l’andamento della psicoterapia è la griglia costruita da Carla de Nitto (2006); il presupposto su cui l’autrice fonda il suo strumento è proprio quello che all’interno di una psicoterapia la risoluzione di un problema implica necessariamente l’utilizzo di strategie e quindi la costruzione di un piano che favorisca nel cliente la comprensione dei modi con cui si blocca dal perseguire i propri obiettivi ed il raggiungimento degli stessi. La griglia è articolata in sei punti: 1) Problema o punto di partenza; 2) Obiettivo; 3) Processo di blocco o disfunzionale; 4) Strategie; 5) Tecniche; 6) Verifica (de Nitto, 2006).
Ho utilizzato spesso, a conclusione di un colloquio, la griglia per riflettere sul caso e sull’andamento del colloquio. Ritengo sia uno strumento utile allo studio degli interventi terapeutici effettuati e ho potuto constatare come un utilizzo costante della griglia mi abbia aiutato ad avere un feedback sia sul mio operato che sull’andamento della terapia stessa. L’attenzione alla pianificazione non consiste esclusivamente nel rendere misurabile l’attività terapeutica, ma serve anche a migliorarne l’efficacia.